Materiali per i più piccoli

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In questa sezione sono inseriti alcuni materiali che spiegano il funzionamento dei musei, la loro nascita, il territorio in cui Manciano si trova e la sua esplorazione. Sono materiali utili soprattutto per i più piccoli, che possono così scoprire e appassionarsi al mondo dei musei e al territorio.

Per trovare altri materiali che, durante la visita, possono spiegare bene ai più giovani i reperti presenti nel museo, potete visitare questa pagina: contiene tutto ciò che può servire durante una gita al Museo di Manciano.

Se siete invece alla ricerca di altre attività per i bambini, a questa pagina del sito di Musei di Maremma trovate tutte le informazioni su varie attività didattiche, per le scuole e non, organizzate dai vari musei facenti parte della rete.

I musei di ieri e di oggi

La passione collezionistica è un aspetto della natura umana. L’inizio della raccolta di oggetti particolari è documentata fin dal Paleolitico e nessun’epoca e nessuna civiltà ne vanno esenti.

La riscoperta dell’antico nell’Umanesimo e la ricerca naturalistica danno inizio, nel XV e nel XVI secolo, alle due tendenze che condurranno alla creazione dei primi musei: la raccolta di opere di arte antica, soprattutto di scultura, e la raccolta di curiosità naturali ed etnografiche e, più in generale, di materiali o “meraviglie” che caratterizza le Wunderkammer.

Materiali per i più piccoli. Il "museo" di Ferrante Imparato. Stampa tratta da Dell'Historia Naturale (Napoli 1599).

Il “museo” di Ferrante Imparato. Stampa tratta da Dell’Historia Naturale (Napoli 1599).

A queste prime forme museali, all’inizio del tutto prive di sistematicità, nel corso della storia venne imposto un ordine maggiore: man mano che le discipline scientifiche procedevano dandosi un metodo rigoroso, le collezioni naturalistiche si organizzavano seguendo le classificazioni scientifiche, mentre i musei artistici si legavano alle strutture d’insegnamento delle arti, ricercando un ordinamento didattico. In questa direzione, l’Illuminismo diede al museo una fisionomia pressoché definitiva.

Nell’Ottocento, infatti, il grande mutamento non fu tanto dovuto a nuove forme museologiche, quanto piuttosto al passaggio dei musei agli stati, che li aprirono a un pubblico vasto e indifferenziato, facendone importantissime istituzioni culturali.

Materiali per i più piccoli. Staatsgalerie di Stoccarda

Staatsgalerie di Stoccarda

Dopo il momento di crisi rappresentato dalla prima metà di questo secolo, oggi senza dubbio il museo sta ripensando in modo positivo la propria funzione, ridefinendo non soltanto le forme visibili di edifici e allestimenti, ma anche e soprattutto il proprio ruolo nei processi di crescita culturale del pubblico.

L’invenzione dell’archeologia

Dopo il momento di crisi rappresentato dalla prima metà di questo secolo, oggi senza dubbio il museo sta ripensando in modo positivo la propria funzione, ridefinendo non soltanto le forme visibili di edifici e allestimenti, ma anche e soprattutto il proprio ruolo nei processi di crescita culturale del pubblico.

Nel Rinascimento, pur essendo vivissimo l’interesse per l’antichità classica, le ricerche di conoscitori e studiosi antiquari miravano al reperimento di opere d’arte, sublime modello per gli artisti, trascurando perlopiù la ricostruzione del mondo antico in tutti i suoi aspetti.

Solo quando la storia comincia a darsi un metodo scientifico, acquista interesse la ricerca archeologica vera e propria, finalizzata alla conoscenza del passato attraverso lo scavo di tutte le testimonianze materiali, anche prove di valore artistico.

Del resto, già nel Settecento, scoperte come quella di Pompei, dove la vita quotidiana era fissata in tutti i dettagli, favorivano l’interesse in questa direzione, anche se nell’Ottocento, ancora si manifestava una visione romantica dell’antichità, col “culto” delle delle rovine e il gusto per il pittoresco.

Solo alla fine del XIX secolo, per influenza dell’impostazione positivistica sullo studio del passato, l’archeologia acquisisce un reale statuto scientifico.

Oggi la scienza archeologica è un progetto di ricerca assai complesso, che coordina intorno allo scavo e allo studio dei reperti, un alto numero i discipline e specializzazioni.

L’avventura dello scavo


La grande richiesta di reperti antichi alimentata dal mercato collezionistico imponeva di scavare per dissotterrare le vestigia del passato.

Lo spoglio dei grandi monumenti sepolti, moltiplicava i ritrovamenti, che colpivano l’immaginario collettivo e creavano intorno allo scavo un alone di mistero destinato a durare.

Le scoperte di Ercolano e Pompei, delle prime tombe etrusche, dei sepolcreti, delle ville, dei templi, di antiche navi, che si susseguirono nel territorio e nei mari italiani, creavano una sempre nuova attenzione nel pubblico e la conseguente difficoltà per l’archeologo di liberare il proprio ‘mestiere’ dai luoghi comuni della fantasia popolare, riconsegnandogli quella dignità scientifica che già dalla fine del Settecento stava assumendo.

L’immagine dello scavo è oggi ormai pienamente affrancata dalle fantasie letterarie e cinematografiche. Agli occhi del pubblico, gli archeologi costituiscono una comunità scientifica in grado di affrontare e programmare grandi imprese di studio, in cui i risultati vengono presentati in pubblicazioni, convegni, mostre fino a raggiungere grandi mezzi di comunicazione.

Il museo è uno strumento privilegiato per la diffusione delle conoscenze archeologiche.

Il mestiere dell’archeologo

1. L’archeologo “distrugge” il sottosuolo
Durante lo scavo l’archeologo incide la terra, individua gli strati, li separa, li apre, ne asporta il contenuto: dove prima c’erano tracce, alla fine del lavoro resta soltanto una buca.
2. L’archeologo produce una buca
Gli strati vengono documentati con rilievi grafici e fotografie e la loro successione cronologica viene trasformata in un grafico chiamato “matrix”; gli oggetti, che vengono inviati ai musei e alle soprintendenze, sono sostituiti dai loro disegni e fotografie.
3. L’archeologo decodifica il linguaggio delle fonti
In questa fase del lavoro il suo metodo è simile a quella dell’investigatore, che sulla base di tracce e indizi deve costruire una narrazione degli avvenimenti. Infatti, non sono gli indizi a smascherare il colpevole, ma è l’investigatore che li sa cogliere e interpretare correttamente.

Cosa fa un archeologo?

L’archeologo è uno storico che usa come fonti le tracce racchiuse nel sottosuolo: il suo laboratorio è lo scavo. I reperti contenuti in uno strato sono molto diversi tra loro: ossa umane e animali, carboni e semi, pollini, fondazioni di case e suppellettili, armi e gioielli, richiedono ciascuno un esperto del settore che sappia innanzitutto riconoscerli, raccoglierli e studiarli attraverso le tecniche più corrette.

Nel laboratorio dello scavo l’equipe di tecnici è dunque indispensabile.

Come in ogni esperimento, l’archeologo lavora sulla base di ipotesi, che formula attingendo alle sue conoscenze e ai materiali. Per verificare le sue ipotesi, l’archeologo deve ripetere l’esperimento quante più volte possibili, in questo modo potrà appurare se la sua ipotesi è vera o falsa.

Ogni singolo esperimento si risolve in uno scavo e in un’interpretazione dei dati acquisiti: per operare correttamente l’archeologo e la sua équipe devono conoscere le leggi del sottosuolo (in particolare i processi di formazione degli strati) e il suo linguaggio, in quanto il significato dei reperti non è immediatamente comprensibile, ma deve essere decodificato.

La storia del sottosuolo

Materiali per i più piccoli. Ponte San Pietro Valle, Ischia di Castro.

Ponte San Pietro Valle, Ischia di Castro.
Questo paesaggio è stato a lungo frequentato in epoca pre e protostorica.

Il territorio non è un’entità neutra e indifferenziata; per ciascuno di noi, singola persona, gruppo o comunità, alcuni siti assumono un valore particolare: luoghi di memorie storiche o personali, oppure richiami all’immaginario collettivo, come le foreste, luogo di mistero e separazione, o le grotte, metafora del grembo materno.
Per chi vi abita, il territorio è uno “spazio vissuto” carico di valori e materiali positivi o negativi.

Nemmeno il sottosuolo è un’entità neutra o “naturale”: gli strati che dalla superficie scendono fino al terreno vergine sono i correlati fisici degli eventi passati. La storia abita nel sottosuolo.

L’archeologo scende nel sottosuolo e lo “distrugge” attraverso lo scavo; lo rende però in tal modo conoscibile e, integrando quanto appreso con altri dati forniti dai documenti di archivio o dagli scrittori antichi, ci fornisce una narrazione che rende comprensibile il linguaggio delle tracce sepolte.

Archeologia del paesaggio

A ogni primo sguardo, una città può sembrarci un tutt’uno omogeneo; in realtà, osservando attentamente le facciate degli edifici è possibile distinguere una tessitura diversa che delimita diverse superfici, disegnando il susseguirsi delle diverse fasi storiche della città.

Il paesaggio che ci circonda è il risultato di un’interazione tra la geomorfologia del territorio e l’insieme delle attività umane: si può dire che il paesaggio è la forma che una comunità imprime al territorio su cui è insediata.

La costruzione di città, strade, fabbriche, il modo di coltivare la terra, le strutture legate alla religione e al culto dei morti, l’attribuzione di valori positivi o negativi influenzano e caratterizzano, singolarmente e nel loro insieme, l’aspetto e la destinazione delle diverse parti di un territorio.

Il paesaggio visibile è dunque un prodotto storico; in esso convivono elementi e materiali tra loro non contemporanei. La chiesa romanica, il palazzo del ‘400, i quartieri moderni appartengono a tempi diversi, anche se spesso sono tutti contemporaneamente in uso.

Il lavoro di ricostruzione

Per ricostruire la storia delle città o di un territorio, occorre “rimettere in fase” il paesaggio, ovvero ricondurre ciascun elemento al tempo in cui è sorto.

Anche i sistemi di tracce racchiusi nel sottosuolo sono quanto resta di paesaggi antichi, divenuti fossili e poi sepolti: fondamenta di edifici, strade interrate, guadi, necropoli formano situazioni complesse.

Queste devono anch’esse essere organizzate secondo sequenze stratigrafiche che accomunano gli elementi riferibili al medesimo orizzonte cronologico, così da formare unità culturali che si succedono nel tempo.

In alcuni casi questi paesaggi affiorano quasi in superficie e la loro presenza modifica la soprastante vegetazione rendendola più rigogliosa se cresce ad esempio su antichi fossati ora ricolmi di terra, o più stentata là dove le radici toccano resti di mura o pietre. Questi paesaggi affioranti sono visibili solo dall’alto e in particolari condizioni di luce e vegetazione.

A ogni comunità estinta o a ogni ciclo storico e culturale corrisponde una serie di paesaggi fossili e materiali che l’archeologo deve individuare sull’intero territorio e ricostruire.

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