Il Paleolitico

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Durante l’ultimo milione di anni, si sono susseguiti almeno quattro periodi glaciali: anche la valle del Fiora ha vissuto da un’alternanza di periodi con temperature molto rigide ed altri con clima più mite.

Vulcani, lava, terremoti: una difficile convivenza

Il Paleolitico. Il Monte Amiata, dal quale nasce il fiume Fiora, è un antico vulcano. L’ultima eruzione risale a circa 700.000 anni fa.

Il Monte Amiata, dal quale nasce il fiume Fiora, è un antico vulcano. L’ultima eruzione risale a circa 700.000 anni fa.

La Valle del Fiora è stata soggetta, durante l’ultimo milione di anni, di una intensa attività vulcanica: il territorio come appare oggi, ricco di tufi e di pomici è, in termini geologici, una formazione recente.

L’ultimo vulcano, che ha prodotto i massi trachitici della Selva del Lamone (al confine con la Toscana, in provincia di Viterbo) si è spento solo 50.000 anni fa.

I più antichi abitanti della valle hanno vissuto contemporaneamente a questi fenomeni: non è difficile capire perché i loro resti non sono abbondanti.

Durante questa fase, definita Paleolitico, o età della pietra antica, la valle doveva essere inavvicinabile per lunghi periodi e certamente numerose testimonianze della vita -che si venne a creare nei momenti di quiete- non sopravvissero alla lava dei vulcani e dai terremoti.

Il Paleolitico. La Selva del Lamone, paesaggio straordinario formatosi su un’eruzione vulcanica recente, circa 50.000 anni fa.

La Selva del Lamone, paesaggio straordinario formatosi su un’eruzione vulcanica recente, circa 50.000 anni fa.

I resti più antichi risalgono al Paleolitico Inferiore, oltre mezzo milione di anni fa: si tratta di strumenti litici rinvenuti a Montauto, località situata nei pressi di Vulci, sulla riva destra del Fiora, in una zona che non è stata raggiunta dai fenomeni vulcanici.

Le altre testimonianze sono databili al Paleolitico Medio e Superiore, purtroppo frutto di ritrovamenti sporadici.

E’ difficile ricostruire i dettagli delle abitudini di vita nella valle durante il Paleolitico, possiamo però ipotizzare che tutto l’impegno fisico e mentale dell’uomo vissuto qui tra 700.000 e i 10.000 anni fa dovesse essere rivolto alla caccia, unico mezzo di sostentamento e sopravvivenza.

La valle degli elefanti

Molti animali che popolavano la valle, essendo meno adattabili dell’uomo alle forti variazioni ambientali, dovettero migrare in cerca di terre più ospitali, oppure si estinsero.

E’ quindi possibile trovare, soprattutto nelle cave che intaccano gli strati più profondi, i resti di animali che hanno vissuto contemporaneamente agli uomini più antichi e che sono stati probabilmente anche loro preda: buoi primigeni, cervi, rinoceronti ed elefanti.

buoi primigeni, cervi, rinoceronti ed elefanti.

Una testimonianza della presenza di grandi mammiferi nella valle è il cranio di un elefante (Elephas antiquus) rinvenuto casualmente nella cava di farina fossile di Valle Nocchia, nei pressi di Pitigliano.

Il suo ritrovamento ha portato a realizzare uno scavo regolare nel 1965 e il cranio è oggi esposto al Museo di Paleontologia dell’Università di Firenze.

Il Paleolitico. Valle Nocchia, Pitigliano. Cranio di Elephas anticuus e relativa ricostruzione grafica

Valle Nocchia, Pitigliano; Cranio di Elephas anticuus e relativa ricostruzione grafica.

Alcuni resti di animali conservati in questa sala come i denti di Elephas Antiquus, il corno di Bos Primigenius, e i resti di Cervus Elaphus, sono frutto di una donazione dal Cav. Luigi Becherini, ispettore onorario della Soprintendenza, che per primo scoprì il sito della Valle Nocchia e ne segnalò l’importanza.

Il Paleolitico. Ingrandimento al microscopio di una diatomee alghe unicellulare silicea.

Ingrandimento al microscopio di una diatomee alghe unicellulare silicea.

Come si sono conservati questi resti fino a noi?

In seguito a una grande eruzione di pomici e tufi neri, avvenuta circa 430.000 anni fa, la regione subì un generale sprofondamento che provocò la formazione di numerosi piccoli bacini lacustri.

Dentro questi prosperavano le diatomee, alghe unicellulari i cui gusci silicei, accumulandosi sul fondo dei laghi, hanno formato nel corso del tempo giacimenti definiti di ‘farina fossile’.

In queste stratificazioni restavano intrappolati i resti degli animali, morti vicino al lago e poi sepolti dai sedimenti.

Questi laghi si datano intorno ai 300.000 anni da oggi: in quello che sorgeva a Valle Nocchia venne a morire, o annegò, l’elefante recuperato nel 1965.

Accanto al cranio non fu rinvenuto nessun altro osso, per questo si ipotizza che il suo scheletro dovette galleggiare a lungo nel lago fino a quando si smembrò in vari pezzi.

Originario dell’Asia centrale, questo tipo di elefante aveva arti massicci, poteva raggiungere i 4 metri di altezza e le zanne, leggermente ricurve, avevano dimensioni enormi, lunghe in qualche caso fino a 3 metri e novanta.

I primi artigiani della valle

Gli strumenti in pietra costituiscono la testimonianza principale delle attività dell’uomo vissuto nel Paleolitico.

Nella valle del Fiora la fase più antica del Paleolitico Inferiore di tipo arcaico è attestata dai manufatti rinvenuti a Montauto. In quest’area, tra 700.000 e 500.000 anni fa, primitivi artigiani hanno scheggiato numerose pietre di calcare, basalto, arenaria e quarzite, fino a renderne il margine tagliente e utilizzarle per scuoiare e macellare le prede della caccia.

La fase successiva del Paleolitico Inferiore nella valle è meno conosciuta, mentre relativamente abbondanti sono gli strumenti del Paleolitico Medio e Superiore. Durante questi periodi l’industria litica si componeva quasi prevalentemente di nuclei di selce, dai quali si staccavano schegge di forma e misura predeterminate, i cui margini venivano affilati da una fitta serie di ritocchi.

Grotta delle Settecannelle, Ischia di Castro; Ciottolo inciso con figure di animali
(Ischia di Castro, Museo Civico Archeologico “Pietro e Turiddo Lotti”)

Un’affascinante scoperta risalente al Paleolitico Superiore è avvenuta nella Grotta delle Settecannelle, situata nel comune di Ischia di Castro, in provincia di Viterbo.

Questa grotta ha vissuto una lunga frequentazione, che dal Paleolitico Superiore si spinge fino alla prima fase dell’antica età del Bronzo. Tra i numerosi strumenti litici risalenti alla prima fase, il sito ha restituito una cinquantina di oggetti decorati: ciottoli e ossi finemente incisi ed elementi di parure.

Un ciottolo in particolare possiede una pregiata incisione su entrambe le facce: due figure di bovidi (Bos Primigenius), una delle quali si sovrappone al profilo di uno stambecco. Questo manufatto presenta tracce di utilizzo al di sopra delle decorazioni, è quindi probabile si trattasse di un oggetto destinato ad operazioni di tipo rituale.


I luoghi del Paleolitico

Alcuni di questi siti archeologici e di scavo potrebbero non essere visitabili per motivi di sicurezza. Se siete interessati a visitare qualche sito archeologico nelle vicinanze, consigliamo di consultare questa sezione.

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